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      - Avete detto ch'egli non morrà?
      - Sì, e ve lo giuro sull'anima mia.
      A queste parole la fanciulla si levò ratta in piedi, e slanciandosi verso quel salvatore, voleva prostrarsegli dinanzi un'altra volta per ringraziarlo; ma non venendole fatto, perocchè esso pigliatala per la persona ne la rattenne di forza, ella confusa, commossa, spossata dalla foga di tanta dolcezza, si lasciò cadere abbandonatamente fra le sue braccia. Marco sentiva tremarsi addosso quel caro peso, scorrersi calde sulla mano le lagrime consolate della bella vergine, e palpitare il tenero seno di lei contra l'esagitato suo petto: rapito fuor di sè, chinossi un istante su quella bionda testa e baciolla. Bice s'accorse di quel bacio, ma non ne fu sgomentita più che nol sarebbe stata d'un bacio di suo padre; si rialzò tranquilla, e dagli occhi ancor rossi e bagnati di pianto, dal volto ancora turbato traspariva il sorriso della nuova letizia; così dopo la pioggia si mostra bello e caro di luce il sole fra le nubi diradate in un cielo vaporoso di primavera.
      L'eroe era in mano d'una fanciulla: Marco s'accostò ad un tavolino, e da stare in piedi scrisse poche frasi all'abate di Sant'Ambrogio in termini confusi, di preghiera, di comando, di minaccia, perchè desse subito la libertà a quel Lupo, di cui era stata parola fra loro alcuni giorni prima. Richiuse la lettera con un nastro di seta, sul quale pose il suo sigillo, vi fece la soprascritta, e porgendola a Bice: - fatela avere all'abate, - disse, - e Lupo vi sarà restituito.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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