- Conte, padrone, messere, sono io, sono il vostro Lupo, permettetemi che vi baci la mano.
- Via, va, che Dio ti dia bene - rispondeva egli di dentro.
- So che siete stato voi ad ottenermi da Marco la grazia della vita, lasciate, lasciate...
- Aprite di grazia - supplicava Ambrogio.
- Aprite - ripeteva Marianna, - che vi possiamo abbracciare i ginocchi; dateci questa consolazione.
- Aprite! aprite! - si misero tutti a gridare - viva il conte del Balzo! viva il nostro padrone! - Egli vinto da tante sollecitazioni, aperse finalmente un cotal poco l'uscio, e dallo spiraglio che v'avea fatto mise fuori una faccia tra lo spaurato e il glorioso, ch'era qualche cosa di ghiotto. Chi gli si gettò ai piedi, chi gli baciava le mani, chi lo ringraziava, chi piangeva, ma egli dopo d'aver goduto un momento di quel trionfo - Basta, basta, - disse a Lupo ritraendo le mani, - ho piacere di vederti qui sano e salvo; oramai vattene segnato e benedetto, ma ricordati di non metter piede mai più in casa mia; - quindi volgendosi al falconiere: - E tu, s'ei non muta vezzo, fa conto che le forche te l'abbian prestato. - Ciò detto, tirò dentro il capo, e si rinchiuse in camera, lasciando tutti stupiti e come trasognati.
Lupo non sapendo quel che s'avesse a pensare, andò a vestirsi delle sue armi, e salutati i parenti, s'avviava a prendere il cavallo per trovarsi allo steccato secondo l'intesa; quando a un valico d'una camera gli si fe' incontro la sua sorella Lauretta, che mettendosi un dito sulla bocca gli dicea sotto voce: - Saluterai Ottorino a nome della mia padrona Bice; gli dirai che si comporti valorosamente, e ch'ella spera che anche lontano non la vorrà dimenticare.
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