In generale, nel tempo in cui ci troviamo col nostro racconto, i trovatori, i menestrelli e i giullari, di cui brulicava tutta Europa, erano una scioperata genķa che girando di paese in paese con un liuto o con una mandóla in collo, se la scialava a tutte le corti bandite, a tutte le feste, per tutti i palazzi e i castelli, eccitando e tenendo in onore la pazza prodigalitą dei signori e dei principi. In secoli nei quali le comunicazioni tra paese e paese, tra provincia e provincia, erano scarse, lente e malagevoli, essi portavano attorno le novelle degli avvenimenti pubblici e dei casi privati; pettegoleggiavano dappertutto sfringuellavano d'ogni cosa, novellavan d'armi, di maneggi e d'amori, cantavano le glorie, o rivelavano le turpitudini dei grandi; spesso ne mettevano in cielo i delitti, o ne strascinavan le virtł pel fango, secondo che dava loro l'umore, o secondo che piacesse a chi li pagava: vili e spregiati strumenti di fama e d'infamia, per lo pił si grattavan le orecchie, s'ugnevano, si lisciavano fra loro, qualche volta venivan anche a' capegli e a' denti, e davansi morsicchiate da levarne i brani; facevan presso a poco quello che fanno ai nostri giorni alcuni... non voglio dirvelo; e viveano come i cani, ai quali uno dą un tozzo di pane, un altro dą un calcio.
In mezzo a tanta ciurmaglia v'era perņ qualche galantuomo, qualche buon poeta, e un di que' pochi era certamente Arnaldo Vitale.
Egli comparve nel pergolo del Vicario vestito da trovatore; chč spogliatosi l'usbergo e ogni altro arnese, s'era messo in farsetto e in calze listate di bianco e cilestro; aveva in capo una berretta quadrata pur cerulea, con due piume candide che gli ombravan la guancia sinistra.
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Europa Arnaldo Vitale Vicario
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