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      Taluno voleva indovinare chi fosse lo sfidatore, e la cagione di quell'odio mortale: i vecchi dicevano che il Vicario non avrebbe lasciato correre la disfida, i giovani gridavano che sarebbe stata una indegnitą a volervisi opporre; molti palpitavano per Ottorino; molti che tenevano pur dalla sua, godevano di vedergli aperto il campo ad un nuovo trionfo; alcuni, invidiosi della sua gloria, giubilavano in segreto di quell'oscuro pericolo che gli stava sopra, e speravano di veder abbassata quell'altezza che faceva ombra al loro orgoglio, mentre il grosso degli spettatori senza avversione, senza amore, si apparecchiavano a godere di quello spettacolo a ristoro della lunga noia durata.
      Ma che faceva intanto, come stava nel cuor suo la povera Bice? Ella che all'aprirsi della giostra, quando gli assalitori si presentavano per battere su alcuno degli scudi, trepidando tra la gloria e il periglio dell'amato capo, ora desiderava, ora tremava che fosse tocco lo scudo di Ottorino, s'era poi venuta rassicurando alla vista di tanti affronti senza sangue, e anelava da ultimo fidatamente di vedere il suo caro far prova di sč; anzi colla mente turbata gią pregustava il suo trionfo e le lodi dei cavalieri e delle dame, e la tacita e mal dissimulata maraviglia del padre. Ma quando intese il suono del corno, quando vide giungere l'ignoto cavaliere, riscossa all'improvviso come da un presentimento arcano, tremņ tutta da capo a piedi, e le parve di sentir una voce che le gridasse nel cuore: - Guai al tuo sposo!


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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