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      - T'ho capito: e sono a casa -, disse allora in cuor suo il mariuolo: scese nel cortile, montò a cavallo, e facendo scoppiar la frusta uscì del palazzo, e s'avviò verso Lombardia.
      Soletto, di notte, galoppando galoppando, quel tristo veniva discorrendola tra sè:
      - Oh non v'ha dubbio! ci giocherei un occhio del capo... adesso l'ho trovato il bandolo di tutta quella matassa che mi parea tanto arruffata; adesso capisco..., e quando mi capitò a Rosate tutto sconcio e fuor di sè come un matto, e quando voleva partire per la Toscana, e poi no e poi sì; e che si mise in cammino, e poi tornò indietro... già dello stravagante n'ha sempre avuto, ma diavolo! era troppo poi!... Poverino eh?... e non è però un fanciullo che abbia levato ieri il capo dal grembo della mamma... E se fosse di dire almanco: ell'è una gran principessa, una regina di corona; se fosse di dire, è un occhio di sole; ma no, intrabescarsi, andarsi a imbertonare a quel modo d'una donzelletta, che, non dirò ch'ella abbia il viso vôlto di dietro... Sì, è bella, ma capitale! ve n'ha delle meglio di lei; e poi, una schifa superbetta, e quel che è peggio, quel che colma lo staio, cotta fradicia, spolpata d'un'altro... Oh mi vien pur da ridere... quell'omone! Marco Visconti! non si va più in su, si crederebbe che dovesse esser fatto d'un'altra pasta... e cascarci a occhi chiusi, e dare in tali bambolaggini?... Va là, sta in sul tirato, gonfiati, leva le corna, e questo fusto ch'è qui, cui nessuno bada più che ad un cane, adesso col filo che gli hai dato in mano ti farà volger come gli torna.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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