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      I Milanesi assediati vedevano nella notte risplendere di molti lumi quel vasto edifizio, udivano il rumor dei banchetti che il Bavaro vi tenea, e s'ingegnavano di gettarvi dentro qualche sasso col mezzo d'una petriera che avean piantata sulla cima di quella torre che sorge ancora a canto al ponte di Sant'Ambrogio, gridando quanto ne usciva loro dalla gola queste strane parole conservate dal Fiamma, o glabrione ebriose, bibe, bibe, ho, ho, babii, babo(3).
      Il maggiore sforzo dell'imperatore in quell'assedio fu diretto contra il borgo di Porta Ticinese, sperando che, ove gli venisse fatto d'impadronirsi dei molini che ivi eran fabbricati, la cittą sarebbe stata costretta ad arrendersi per la fame; ma quella parte, per avviso appunto di Marco, era stata fortificata pił d'ogni altra: vi seguirono molti fatti d'arme, e i nostri, non che ne potessero mai venire sloggiati, ottennero sempre vantaggio sugli assalitori(4).
      L'assedio durava da pił d'un mese, quando fu dato avviso a Lupo da certi capitani, che la notte sarebber entrate dalla postierla d'Algiso alcune vettovaglie di che la cittą cominciava a provar difetto: stesse egli sull'avviso di far calare il ponte tosto che ne avesse i segnali concertati. Lupo era stato creato capo dei Limontini, e posto a guardia di quella postierla, dacchč le lance del monastero di Sant'Ambrogio erano state levate di lą e messe in una torre appunto nel borgo di Porta Ticinese, dov'era maggior bisogno di gente disciplinata e avvezza al mestiere dell'armi.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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