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      .. basta, spero di riuscirvi meglio a pane che a farina...
      - Sì, ne ho già avuto un pegno nell'ultima faccenda!
      - Ma, - conchiuse il Pelagrua, - se il diavolo ci ha messe le corna, che colpa ne ho io?
      Così terminò il dialogo fra quei due tristi.
      Ora è tempo che torniamo a intrattenerci di proposito delle nostre donne, di Ermelinda e di Bice, che abbiam dimenticate già da un pezzo.
      Fin da quella notte che la fanciulla tornò dal festino, portando la grazia di Lupo, la madre dalle parole di lei tutte spaurite avea raccolto la dura certezza dell'amore che il Visconte avea posto nella sua figlia. Come rimanesse Ermelinda ad una sì improvvisa e inopinata scoperta, è difficile l'immaginarlo: spavento e pietà per la figlia, sdegno contra Marco; e, lo diremo pure, quantunque ella non osasse confessarlo a sè medesima, un certo qual risorgimento momentaneo dell'antica fiamma, le fecero in un tratto ribollire il sangue; vi fu qualche istante, in cui la sua Bice non le parea così dolce, così cara come soleva. Fu quella una rivelazione inaspettata dei più riposti nascondigli dell'animo suo; ebbe vergogna, ebbe quasi paura di sè stessa; ma frenato poi tosto e vinto quanto vi aveva di men che puro, di meno che materno, in quello strano rimescolamento, prevalse in lei la carità che la facea sollecita per l'amata figlia.
      Conosciuto come questa fosse troppo perdutamente presa di Ottorino, sì che quando pure Marco (il che non era da credersi) l'avesse richiesta per donna, Ermelinda non potea sperare di farla contenta con lui, per toglierla da qualunque repentaglio, avvisò di affrettar le nozze già conchiuse col giovane cavaliere: in questo modo mentre si promettea di soffocare ad un tratto ogni speranza nel cuore di Marco, veniva a porre la figlia sotto la protezione d'uno sposo.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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