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      Tosto che il Visconte fu in Toscana, Ermelinda cominciò dunque a sollecitare il buon piacimento del marito per quel parentado già fermato da lui medesimo; ma il Conte pensate se dava nelle furie, senza volersi ricordare d'essere stato egli medesimo a dar appicco alla figlia di prendersi d'amore pel giovane cavaliere, quando la madre faceva ogni opera per tenernela riguardata; con tutto ciò batti oggi, batti domani; un po' l'insistenza della moglie che non lo lasciava vivere, un po' l'aspetto continuo della passione di Bice a cui egli voleva tutto il suo bene, un po' il tempo, che naturalmente smorzava tanto o quanto la prima l'impressione di spavento che gli avean fatto le parole e il volto di Marco, e più di tutto il saperlo ora lontano, avvolto in un mar di brighe, e che dovea aver tutt'altro per la fantasia, lo veniva rendendo pastoso e maneggevole. Quello che gli diede un gran crollo fu la novella che Marco era diventato signore di Lucca; allora ei lo credette proprio tanto assodato e fermo in Toscana, che ben difficilmente avesse mai potuto rivoltarsi alle faccende di qui; e cominciò a lasciarsi ire fino a permettere che Ottorino rivedesse la casa che gli era stata chiusa per tanto tempo; ma non v'era però ammesso che sull'ora bruna in gran segreto, che Dio ne guardi! i curiosi non se ne accorgessero, e la cosa potesse venir rifischiata all'orecchio del galantuomo che stava a Lucca. Così la notizia dell'innalzamento di Marco, sconciando i fatti di Lodrisio e della sua creatura, il castellano di Rosate, avea racconci quelli della famiglia del Balzo.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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