Il giovane l'aperse, e fu per uscir di sč dalla maraviglia, vedendovi sotto il nome di Marco. Diceva d'esser giunto in gran furia e in gran segreto da Lucca, e che l'aspettava subito subito a Castel Seprio per conferirgli cose di gran momento; aggiungendo riconoscer esso d'aver dei gran torti verso di lui, e tardargli di poterli riparare.
Ottorino sentissi tutto smovere, ne fu tutto sossopra. Il nuovo emergente veniva ad un tratto a scomporre ogni disegno da lui fatto sull'avvenire, a metterlo in termini del tutto diversi. Il partito d'abbandonare queste contrade, al quale s'era gettato, era il peggio de' peggi al mancargli d'ogn'altro consiglio; ma in un canto riposto dell'animo gli stava sempre appiattato un segreto desiderio, una lontana, confusa speranza di tornare un qualche giorno in grazia del suo antico signore: lo sdegno del giovane contro di lui era come quello d'un amante, uno sdegno ardente, fumoso, ma facile a dar gių a una discolpa, a un atto di cortesia. Non ricordandosi d'essere spiaciuto a Marco in altro che nel rifiuto della figliuola del Ruscone, e parendogli questa troppo lieve cagione a tanto e cosė amaro odio ch'ei gli avea posto addosso, l'imputava in parte ai sinistri uffici di qualche mala lingua, e gli parea pure che un dė o l'altro avesse ad aprir gli occhi, ad accettarlo ancora per suo, a tornarlo nel grado di prima.
E a dire, che Marco veniva ora egli stesso a cercarlo, a scusarglisi, a tendergli la mano: quell'uomo cosė altero, cosė sdegnoso, quel grande ch'egli avea riverito ed amato pur sempre quasi a suo dispetto, anche allor quando era viva e verde l'offesa e la rabbia e la vergogna dell'averla patita non temperata dal rammarico dell'offensore!
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