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      Lo scudiero traditore che le avea scorte fin là, lasciolle dicendo che andava ad avvisare il castellano, perchè venisse tosto ai comandamenti della padrona.
      Le donne, rimaste sole, passarono nelle camere interne, che trovarono molto onorevoli, con ogni appartenenza: v'erano magnifici letti e sedie e tavolini e specchi; alberelli con acque e con essenze odorose; abiti e adornamenti; e tutte insomma le delicature e le morbidezze che potean richiedersi per una gentil donzella che vada a marito.
      Bice, la quale si credeva in casa propria, stanca com'era dal lungo cavalcare, gettossi sopra una seggiola a bracciuoli, e intanto che l'ancella le si affaccendava intorno a trarle la roba di pellicce tutta molle, a vestirlene una di duagio lionato che trovò ivi apprestata, a cavarle i calzaretti, mettendole in piede un paio di pianelle aperte, di seta, a ravviarle i capelli, a darle l'acqua alle mani, a rinvenirla, e rassettarla tutta quanta, andavan fra loro ricambiando tali parole.
      - Spunta l'alba, - diceva Bice, - e non dovrebbe star gran tempo a capitare.
      - Oh come volete? - rispondeva l'ancella, - se siamo appena arrivate qui noi!
      - Ma e tutto il tempo che ci hanno fatto perder per via, non lo conti?
      - Codesto è vero. Oh! sentite, padrona, tosto che il vostro sposo sia giunto, avete a dirgliela tutta intera di quei ghiotti; non saper dove ci menavano, smarrire la strada, farci straziar forse quattro ore e più, e tenervi a cavallo voi con quel tempo!
      - Quattro ore, è vero? vuoi dire che le avremo perdute quattro ore?


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Bice