Pagina (363/484)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il castellano mandò a pigliare i regali preparati, e li distribuì secondo la virtù di ciascuno.
      Un solo fra tanti non volle accettare il presente.
      - Non ch'io sia manco trito a vesti, manco bruciato a danari de' miei nobili confratelli, - disse colui, - non che abbia grandigie e gerarchie pel capo, no; ma non voglio andar via di qui, senza aver visto la faccia del padrone; quello che ho da avere, lo voglio dalle sue mani.
      - Il padrone non c'è, - gli disse bruscamente il castellano, - se lo vuoi, piglialo, - e gli faceva ballare innanzi al viso un cappuccio foderato di pellicce, che era il regalo destinatogli; - se nol vuoi, vattene.
      - Come! Ottorino non c'è? - insisteva il giullare, senza mostrar punto di volersi tor giù da quella sua picca; - e chi era dunque il signore che è arrivato a cavallo, e che ho visto anch'io alla lontana?
      - È il conte del Balzo.
      - Il conte del Balzo? bene, menami da lui che lo conosco; digli che sono il Tremacoldo, e che ho qui un non so che...
      Intanto che il castellano mandava pel fatto loro i vassalli, e distribuiva i doni ai giullari, il Conte e la Contessa, licenziato anch'essi ogni molesto testimonio, eran rimasti soli, e così confusi e sbalorditi com'erano si venivan facendo l'un l'altro una folla di domande, alle quali per lo più l'interrogante sapea che l'interrogato non avea di che rispondere; ma pure se le facevano, e mettevano in mezzo mille dubbi, mille partiti, senza risolverne mai uno. Finalmente Ermelinda, colpita da un buon pensiero: - Chi sa, - disse, - che fra tanta gente ch'era qui non vi sia chi possa darci qualche lume?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Balzo Balzo Tremacoldo Conte Contessa Ermelinda