Preso a tradimento egli medesimo da una frotta d'armati, prima d'arrivare al castello, gli avean bendati gli occhi, e menatolo un pezzo, l'avean alla fine gettato in quella prigione, donde era stato da ultimo cavato dal Tremacoldo.
Tutto era mistero là dentro; qualche lume solo parea venire fra quelle tenebre dall'incidente della lettera di Marco, al ricevere della quale Ottorino era corso a Castel Seprio. Egli è vero che quel nome che compariva in essa poteva essere stato messo innanzi falsamente da chi avesse maneggiata tutta quella tranelleria per giungere gli sposi. Lupo era di questo avviso, e il Conte, il quale al sentir menzionar Marco s'era tutto rimescolato, avea accolta questa spiegazione coll'avidità e coll'abbandono d'uno spaventato che ha bisogno di rassicurarsi in qualunque modo: ma Ermelinda, a cui era noto l'animo del Visconte verso la sua figlia, non potendo restarne capace, avvisò e tenne per sicuro ch'ella fosse veramente stata fatta rapire da lui. Nè di questo volle però aprirsi col marito per non rischiare di vedersi attraversata dalle sue ombre, dalle sue codarde apprensioni, la via che si proponeva di battere per giunger a qualche buon termine.
Fece ella dunque chiamar Lupo in gran segreto nelle sue camere, e: - Senti, - gli disse, - io ho un incarico molto grave e geloso da affidarti; vuoi tu assumerlo per l'amore de' tuoi antichi padroni? Non v'è nessuno di cui m'assicuri e mi fidi più che di te.
- Oh, come dite, madonna! - rispondeva Lupo, commosso, e nello stesso tempo un po' mortificato da quell'aria di dubbio e di preghiera che avean le parole della Contessa: - non sono io sempre il vostro Lupo, il vostro servitore? il primo pane che ho mangiato non l'ho lo mangiato in casa vostra? mio padre, mia madre, la mia povera sorella, non hanno sempre dormito sotto il vostro tetto, vestiti, pasciuti, protetti da voi?
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