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Di lì a poco l'oste tornò a lui, e sotto colore di volerlo accomodar meglio, gli offerse una camera, che non era quella profferitagli da prima: chè sarebbe stato più lontan dai rumori, chè avrebbe avuto miglior letto, e cent'altre belle cose. Lupo non credette nulla di quella sua gran premura e si confermò sempre più nel sospetto che se gli volesse fare un qualche tiro: finzione per finzione, rizzò anch'egli il pretesto, che, essendo arrivati due altri cavalli, non poteva arrischiarsi di star lontano dal suo, un cavallo bizzarro che Dio ne guardi: disse di voler dormire nella stalla, nè vi fu modo da poternelo svolgere, per quanto l'ostiere dicesse.
Andò dunque alla stalla, pose una mano sulla groppa del suo baio, che voltandosi indietro lo salutò alla sua maniera con un sordo e breve nitrito, e disse tra sè: - Il meglio sarebbe andarsene addirittura -. Ma pensò poi: - La bestia è stanca, e ne ha ragione, poveretta! cinquanta miglia tutte d'un fiato! domani altrettante! e dopo! -. Intanto veniva accarezzando e palpando il buon corridore che s'era rimesso a mangiar di voglia. - E poi, dove andrei a dar del capo adesso, con queste strade, di questi tempi? Lasceremo che venga l'alba: io intanto starò desto; le notti non sono lunghe; che non sia buono di vegliare per quattro o cinque ore? me ne rifarò poi domani dormendo a cavallo; un po' per uno. - Così stabilito, gettossi su d'un mucchio di paglia col proponimento ben fermo di non addormentarsi.
E lì cominciò a mulinare, a mulinare col cervello, pensando a quella gran sollecitudine nata così all'improvviso nell'ostiere di acconciarlo in una camera più agiata; giusto lui che gli era sconosciuto, e non avea però l'aria d'un barone; a quel non volergli dare una lanterna da tener accesa la notte, sotto pretesto che si portava rischio di fuoco: e una cosa e l'altra; e finiva col confermarsi sempre più che la faccenda non voleva esser netta.
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Dio
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