Infine, per non ve la far più lunga, il valentuomo s'addormentò.
CAPITOLO XXVIII
Ed ecco che sognando parevagli d'esser a Lucca, e di trovarsi in una ricca sala al cospetto di Marco Visconti: ma quel Marco avea una faccia balorda, due occhi come invetrati: Lupo gli parlava, ed ei non rispondea; gli porgeva la lettera d'Ermelinda, ed egli non levava la mano a pigliarla: il sognante si figurava di voler prendergliela egli quella mano per baciarla; non si vedeva che Marco la tirasse indietro, ma la mano non trovavasi al posto dove l'occhio l'aveva affissata, ma non c'era verso di poterla stringere: che cos'è questa storia?... Gli era avviso di guardarsi d'intorno se mai vedesse alcuno cui dimandarne. Ma che è? che non è? i fregi, le dorature, i paramenti della sala erano spariti; le muraglie, in men di che rimaste tutte brulle, s'andavan facendo sempre più oscure, ruvide ed anguste; il palco messo a oro s'abbassava in una vôlta bruna e pesante; il pavimento era diventato un imbratto, uno schifoso pattume; v'era stesa un po' di paglia in un canto, e sulla paglia stava sdraiato Marco Visconti... Marco? no, che non era Marco... Dal vedere al non vedere ei s'era trasformato in Ottorino: il quale con una voce fioca e paurosa gli diceva: - Sei tu, Lupo?
- Son io.
- Ma non andavi tu a Lucca?
- Sì.
- E perchè non seguitar innanzi per la tua via? e come sei capitato qua entro? Ah fuggi! fuggi! guai a te! guai a te!
Qui l'orecchio del dormente sentì un susurro confuso e quasi fantastico di alcune voci; i suoi occhi quantunque chiusi, furono percossi istantaneamente da un barlume; e, come accade nei sogni, che le impressioni esterne si riportano alle immagini già avviate nella fantasia, e s'accordano con quelle, gli parve che Ottorino tutto spaventato da quelle voci, da quel chiarore, seguitasse dicendogli: - Ecco, sono qui, vengono per ammazzarti, fuggi! salvati!
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