Ma un altr'uomo, senza ch'essi lo sapessero, galoppava già da un pezzo su quella strada medesima, e gli avanzava d'un bel tratto: un corriere che Lodrisio, avvisato subitamente dell'arrivar di Marco a Milano, spacciava in tutta furia al Pelagrua.
I nostri due cavalcatori giunsero innanzi alle mura del castello di Rosate, che incominciava appena a spuntar l'alba: Marco diede il segnale consueto; si calò il ponte levatoio, fu spalancata la porta, e passò in compagnia di Lupo sotto l'androne, che nè ivi, nè pel cortile vicino non si vedeva ancor in volta anima viva.
Il portinaio, riconosciuto tosto il signore del luogo, correva per sonar una campanella onde annunziare il suo arrivo, ma questi intimatogli con un cenno che non facesse, gli domandò tosto del Pelagrua.
- È uscito stanotte, - rispose il portinaio, - e non è più tornato; anzi, - soggiunse come per un di più, - è arrivato, or fa un'ora, un corriere da Milano con una lettera per lui, molto pressante, a quel che si capisce.
- Dov'è codesto corriere?
- Qui nelle mie camere che bestemmia come un ariano del ritardo.
- Mandamelo tosto nella sala rossa. Se frattanto il Pelagrua ritorna, lascialo entrare, e che nessuno poi vada fuori più senza un mio ordine, hai capito?
- Nè anche il castellano dopo che fosse tornato?
- Nessuno.
- Non uscirò un punto dal vostro comandamento.
Marco, attraversato un vasto cortile, andò ad aspettare il corriere nella sala indicata. Da lì a pochi momenti l'uomo comparve, ed egli facendoglisi incontro, afferrollo per un braccio, e disse:
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