- Qua quella lettera!
Il galantuomo, che per lo scarso lume ch'era in quell'ora là dentro, non riconobbe a tutta prima chi fosse quel che gli parlava e lo trattava a quel modo, sforzandosi di liberare il braccio, di schermirsi, si divincolava e rispondea: - Tengo ordine di non consegnarla che nelle mani proprie del castellano.
Ma il Visconte, stringendolo con maggior forza, lo trasse presso un finestrone, e gli replicò con voce terribile: - Qua quella lettera!
Alla luce che veniva dalle vetriere, il poveraccio ravvisò la faccia del famoso capitano; e impallidendo e tremando rispose: - Perdonatemi, non vi aveva conosciuto... Veramente il mio padrone... ma voi... siete voi il padrone: ecco, ecco la lettera: - e cavandosela di seno gliela porse.
Marco l'aperse, vi gettò gli occhi avidamente: non v'era notato il nome di chi l'avea scritta: ne lesse il contenuto, ed eccolo pel disteso.
Tristo impiccato.
A quest'ora avrai già dato spaccio alla faccenda, secondo che siam rimasti l'altro dì. Il diavolo ti porti che ti sei indugiato tanto! Che partito sarà il tuo, ora che Marco è in Milano? Sì, ei v'è giunto stanotte, e domani potrebbe capitarti alle spalle. Presto! maladetto da Dio! presto! che questa lettera ti metta addosso il fuoco: distruggi ogni traccia del fatto, togli via qualunque indizio, antivedi, ripara... Pensa, o sciagurato, che fai sulla tua pelle
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Il Visconte inorridì, gli corse un gelo per le membra, gli si arricciarono i capelli, e andando colle pugna in sul viso al corriere, gli gridò: - Chi t'ha data questa lettera?
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