.. Siamo libere, torno a dirvi; e, sapete la buona nuova che v'ho a dare? Vostra madre è giunta.
- Mia madre?
- Sì, vostra madre, e tosto che siate riavuta tanto da poter sopportare la via, torneremo a casa insieme con lei.
- Oh! non volermi ingannare ancora! non ti ricordi quante volte me l'hai detto che sarebbe venuta? e poi?...
- Ma ora ella è qui, vi dico, è qui, e la vedrete quando che sia!
- No, no, mia cara, la tua pietà è troppo crudele; no, che non la vedrò più; l'ho domandata tante volte al Signore questa grazia, con tante lagrime, con tanta fiducia!... Egli non m'ha voluta esaudire!... Ed ora... sarebbe troppo tardi.
- Ah figlia mia! - gridò in quella Ermelinda con una voce mezzo spenta dall'angoscia. Trattenuta essa dal medico nella camera vicina, perchè lo spavento della prima gioia non desse un troppo grande scrollo alle forze affralite dell'inferma, di là aveva sentito ogni sua parola; e non potendo più reggere all'impeto dell'affetto s'era precipitata fra le braccia di lei.
Bice chinò il capo sull'omero della madre, e stettero lungamente strette insieme in silenzio.
Fu la prima Ermelinda a sciogliersi da quel nodo soave, e pur doloroso; e ponendo una mano sul capo della figlia: - Ora statti riposata; - le diceva, - vedi, io son qui con te, per non abbandonarti mai più: staremo sempre insieme, sempre, sempre; sì, cara, cara la mia povera Bice! Tutti i guai sono finiti, non pensar più che a cose liete, pensa a tua madre che è qui con te, che non ti si staccherà mai più da canto.
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Siamo Ermelinda Ermelinda Bice
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