IN MORTE DI MARCO VISCONTI
SERVENTESE
Sangue! sangue! rosseggian fumantiD'un turrito palagio le soglie;
D'ogni parte, smarrita i sembianti,
Una plebe a furor vi s'accoglie;
Si rimescolan; brulica il suol.
Sventurati! chi siete?... Ben parmi...
O m'inganno?... Non più: vi ravvisoAl biscion che vi splende sull'armi,
All'onesta baldanza sul viso:
Milanesi, e perchè sì gran duol?
Ecco s'apre la calca atterrita:
Un soldato sugli occhi si poneLa man destra, e con l'altra m'addita
Nella polve riverso bocconeUn trafitto, che palpita ancor.
Egli è Marco! quel turbin di guerra,
Quella luce d'eccelso consiglio,
Che de' Guelfi per l'itala terraRintuzzò tante volte l'artiglio:
De' Lombardi la gloria e l'amor.
Ah! piangete quel fervido raggioChe si spense sul volto del forte,
Su quel volto che spira il coraggioPur di sotto alla nube di morte!
Sì, piangete il reciso suo dì!...
Ma qual suon di terribili noteDalla folla s'eleva e si spande?
Oh delitto! i fratelli, il nipoteL'empia mano levàr su quel Grande?
Dunque il sangue il suo sangue tradì?
- Mi ti accosta; distinto favella,
Tu che amico gli fosti: - E fu veroCh'ei piegasse all'amor di donzella
Il superbo, domato pensiero,
Come il grido d'intorno sonò?
Non risponde: - Di mezzo alla calcaSeco in groppa piangendo m'ha tolto,
Per ritorti sentier si cavalca,
Galoppiam d'una selva pel folto:
A un castello il corsier s'arrestò.
Si spalancan le porte, si scoteD'alto il ponte, tentenna, e giù viene;
Stridon cardini, cigolan rote,
Sonan sbarre, chiavacci e catene,
Ma nè un'anima nata compar.
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Marco Guelfi Lombardi
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