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      E così oggi, in presenza dei grandiosi problemi che la natura ci presenta, in presenza di quelle scoperte che ci fanno conoscere la composizione chimica dei più lontani astri, delle reazioni chimiche che avvengono nelle parti più remote delle piccole cellule del nostro organismo, della scoperta di quelle onde elettriche che ci trasportano il pensiero a distanze infinite attraverso ai mari ed ai monti, dei grandi problemi di sintesi organica, della scoperta della radioattività, cosa sono le frivole dispute letterarie?
      Gli stranieri ancora, in quel secolo tanto calunniato, hanno appreso da noi la civiltà vera, le scienze e le arti. E quel grande matematico e filosofo che fu il D'Alembert, che non conosceva l'ingratitudine e si dimostrò tanto grato anche alla povera donna che il raccolse nell'infanzia, scriveva nel suo celebre Discours sur l'Encyclopédie:
      Noi saremmo ingiusti, se in questo momento noi non riconoscessimo ciò che dobbiamo all'Italia; è dall'Italia che noi abbiamo ricevuto le scienze, le quali hanno poi fruttificato abbondantemente in tutta l'Europa; è ad essa sopratutto che noi dobbiamo le belle arti ed il buon gusto, di cui ci ha fornito un gran numero di modelli inimitabili
      .
      Gli stranieri venivano nelle nostre Università non solamente come studenti, ma quali cultori delle scienze di cui in patria avevano già appreso gli elementi, od erano già laureati; venivano qui, a Bologna, a Padova, a Pisa, per perfezionarsi.
      I più insigni cultori delle scienze, scrive il Ceradini, venivano nei secoli XVI e XVII in Italia per iscopi che si chiamerebbero ora poco meno che oziosi; venivano per fare la conoscenza personale di uomini dei quali avevano udito pronunciare le tante volte il nome con riverenza dai loro maestri delle Università di Parigi, di Germania o d'Olanda; venivano per consultarsi coi professori delle nostre Università, e per discutere con essi loro questioni, intorno alle quali si proponevano di intraprendere in patria nuove ricerche; venivano per esaminare i preparati dei nostri anatomi o gli apparecchi costruiti dai nostri fisici (e ci limitiamo a ricordare fra questi il sommo Galileo); venivano finalmente con altri intenti di cui sarebbe lunga e tornerebbe qui inopportuna l'enumerazione; e vorrà ammettersi che in tanto tempo, con tanta capacità e con tanta buona voglia di istruirsi, Harvey non avesse occasione di conoscere le opere di Cesalpino, anzi neppure le cose principali e perfino inaudite, che costui vi aveva descritto, sostenuto e provato?


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Domenico Guglielmini e la sua opera scientifica
di Icilio Guareschi
Utet Torino
1914 pagine 188

   





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