Osservazioni staccate si debbono pure a Hooke, a Nicola Stenone (1673) e ad Erasmo Bartholin (1684), ma nessuno espresse i concetti così chiari e così generali riguardo la formazione dei cristalli salini, come ha fatto il nostro Guglielmini.
Come l'opera di Gerolamo Sacheri: Euclides ab omni novo vindicatus, pubblicata nell'anno stesso della sua morte, cioè nel 1733, deve aver avuto influenza sulla mente di alcuni illustri matematici quasi un secolo dopo, così l'opera del Guglielmini: Riflessioni filosofiche dedotte dalle figure dei sali, Bologna 1688 e poi Venezia 1705, deve aver avuto non poca influenza su coloro che si considerano da molti come i fondatori della cristallografia: Romé de l'Isle e Haüy. Dirò subito che io non ho consultato tutti gli autori che trattano di mineralogia o di cristallografia dal 1700 al 1780 per vedere se ricordano o no il Guglielmini; ma i principali da me esaminati, quali Buffon, Bergman, Romé de l'Isle ed Haüy, non lo ricordano.
Il citare qui tutti gli autori che hanno trattato dei cristalli dal 1710 al 1780 sarebbe un lusso di bibliografia, in questo caso proprio fuori di posto.
Ricordo ad esempio: Cappeller, Prodromus crystallographiae s. de crystallis improprie sic dictis, Lucernae 1723; Monnet, Nouveau système de Minéralogie; Henckel, Traité de l'origine des pierres; Gerhard C. A., Beiträge z. Chem. u. Geschichte d. Mineralogie, 2 vol. in-8°, 1773-1776; J. G. Lehmann, Traité de la formation des métaux; B. S. Sage, Éléments de Minéralogie docimastique, in-8°, 1772-1777; ecc. ecc.
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