XVI. È d'uopo dunque che noi ci volgiamo dagli universali ai particolari, cioè dalla speculazione agli esperimenti. Qualora si riduca in calce o in cenere un composto qualsiasi, capace di tale riduzione; e la calce e la cenere sia fatta indi bollire nell'acqua in modo da ottenerne comunemente della liscivia o da separarne in qualsiasi altro modo le fecce, si otterrà con questi artifici ben poco di liscivia; che se la si esporrà di nuovo al fuoco ad evaporare finchè appaia alla sua superficie una certa tenue pellicola o membrana e tosto, tolta dal fuoco, si riporrà in cantina o in qualche altro luogo alquanto freddo, vi si osserverà di lì a pochi giorni il sale depositato al fondo o ai lati del vaso. Siffatti condensamenti salini sono detti cristalli dai chimici per la rassomiglianza che hanno col cristallo di rocca, il quale si rinviene appunto coagulato ai lati dei massi.
XVII. Questi cristalli del sale, siccome elegantissimi, sembrano così conservare una non so quale costante simiglianza nella figura, qualora si paragonino tra loro quelli che sono della medesima lisciviazione, o natura. Tuttavia di raro si osserva in essi uno schema unico e facilmente determinabile, qualora il sale, che si condensa, non sia di natura semplice, o se non si usi in molte cose, durante la soluzione, l'evaporizzazione e la cristallizzazione, di una certa diligenza, della quale a suo luogo ragioneremo più diffusamente, poichè altrove ci si presenterà l'occasione di trattare della cristallizzazione e dei loro fenomeni ed aggiunti.
| |
|