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      Per la cristallografia il Trattato di Stenone è più importante delle osservazioni fatte nello stesso senso dai suoi predecessori, poichè esso spiega il motivo per il quale, delle superfici altrimenti simili, possono avere delle forme così diverse, e indica come legge nell'aumento di un cristallo, l'immutabilità degli angoli. Il significato delle strie è stato riconosciuto con esattezza, per la prima volta, almeno in quanto concerne il cristallo di rocca. Domenico Guglielmini è giunto a risultati simili ed a quanto sembra seguendo altra via tutta sua. Guglielmini ha pubblicato nel 1688 (in latino ed in italiano) delle considerazioni filosofiche sulle forme dei sali.
      Mentre descrive i cristalli del salnitro, del salgemma, dell'allume e del vetriolo, parla delle loro imperfezioni che si presentano spesso ed osserva che malgrado questo, l'inclinazione delle superfici e degli angoli si dimostra costante, e che la grandezza dei cristalli e la quantità della materia da cristallizzarsi non la modifica, e che perciò anche le più piccole particelle indivisibili della materia sono cristallizzate e che da esse sono composti i cristalli più grossi che si possono determinare. Mentre egli si appoggia sulle osservazioni di Leeuwenhoek, riconosce che i cristalli in genere sono degli aggregati ordinati di cristalli più piccoli. Esamina la composizione dell'ottaedro, composto da ottaedri più piccoli, che era già stata indicata da Jamitzer, e riconosce che gli spazî che rimangono vuoti sono necessari e corrispondono alla porosità dei corpi, e che simili pori sono riempiti da acqua o da un altro fluido che evapora al fuoco.


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Domenico Guglielmini e la sua opera scientifica
di Icilio Guareschi
Utet Torino
1914 pagine 188

   





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