Debbono essere distinti quegli uomini le cui scoperte furono sconosciute durante la loro vita, anche perchè le loro opere furono pubblicate in raccolte scientifiche alla portata di pochissimi, da quegli altri uomini, che invece pubblicarono le loro opere in modo da essere conosciute dai contemporanei, non solo, ma furono ristampate, commentate, ricordate e lodate anche dopo. Esempio del primo caso è il Lomonossow (1711-1765), conosciutissimo in Russia solamente come letterato: egli ha precorso Lavoisier, ed alcuni anzi ora lo chiamano, esageratamente, il padre della chimica fisica, ma è indubitato che l'opera sua non ha avuto la minima influenza sul progredire della scienza; esempio del secondo caso è quello di Guglielmini.
E per la fine del secolo XVIII, ai tempi di Romé de l'Isle, dobbiamo dire quello che il Duhem diceva, forse con esagerazione, del 600, che cioè fu un'epoca nella quale era completamente ignoto ogni principio di onestà intellettuale?
Dobbiamo sempre altamente biasimare coloro che riproducono le idee, o le esperienze, dei loro predecessori senza nemmeno ricordarne il nome. Questo fatto in tutti i tempi fu denominato plagio.
Qui, nel caso del Guglielmini, non si tratta più della simultaneità delle scoperte scientifiche, come ad esempio quella della legge della conservazione dell'energia, o del calcolo infinitesimale o dell'ossigeno o del cloroformio, ecc., ma si tratta di scoperte fatte 100 anni prima; nell'intervallo di questo tempo nessuno si è occupato seriamente dell'origine e della forma dei cristalli; da Guglielmini si salta a Romé de l'Isle.
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