È vero che Boyle nel 1691 dimostrò che la rapidità colla quale una soluzione si raffredda ha un'influenza sull'abito dei cristalli che si depositano. Ma nè Boyle colla sua ben conosciuta abilità, così luminosamente dimostrata nel suo lavoro sul rapporto fra il volume di un gas e la pressione alla quale è sottoposto, nè i suoi minori contemporanei Lemery e Homberg, che produssero e studiarono i cristalli di diverse serie di sali della stessa base con differenti acidi, apprezzarono la verità del grande fatto scoperto da Guglielmini, che cioè la stessa sostanza possiede sempre la stessa forma cristallina avente angoli costanti. Anche coi progressi fatti dalla chimica nel diciottesimo secolo, rimase generale l'opinione che i cristalli della stessa sostanza differissero nell'ampiezza dei loro angoli, come pure nella dimensione delle loro facce.
Incominciamo a notare segni di nuovo progresso nel 1767, quando Westfeld fece la supposizione interessante, che la calcite fosse formata da particelle romboedriche, le di cui facce in miniatura corrispondessero alle direzioni della fenditura piana. Questa ipotesi fu seguìta nel 1780 da un trattato De formis cristallorum di Bergman e Gahn di Upsala, nel quale la legge di Guglielmini sulla costanza delle direzioni della sfaldatura fu nuovamente affermata come legge generale ed intimamente connessa colla struttura cristallina. Fu in questo stesso anno 1780 che Caranjot, assistente di Romé de l'Isle a Parigi, inventò il goniometro a contatto, mettendo così a disposizione del suo maestro un istrumento di ricerche assai superiore a tutti quelli posseduti da osservatori precedenti.
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