Ma posso anche dire che io, molto tempo prima dello stato attuale di cose, ho presentito i mali dell'eccessivo affarismo; già nel mio lungo lavoro: La Chimica in Italia dal 1750 al 1800(111), scrivevo, dopo accennato allo stato miserando dell'industria chimica di quel tempo: "E per lunghi anni l'Italia rimase ancora in quello stato. Ora però siamo arrivati al polo opposto; e un po' meno di furia industriale e un poco più di idealità renderebbe la vita meno brutale". Ciò scrivevo nel 1909; e nel mio discorso: La storia delle Scienze e Domenico Guglielmini, letto al Congresso di Genova nel 1912, a pag. 31, a proposito di un libro dell'Ostwald che deplorava l'abbassamento della scienza in Italia (ed in Francia), io ho detto e scritto chiaramente:
Non è bello, non è generoso, rinfacciare ad una nazione amica, dalla quale si è ricevuto nientemeno che la civiltà, la sua attuale supposta inferiorità scientifica. Ed è poi reale in tutto questa inferiorità dell'Italia? Io non so se il periodo della ricchezza commerciale e industriale sia proprio il più glorioso per l'intellettualità di una nazione; certamente è il più proficuo alla materialità della vita. Quando non vi era ancora l'uso dei brevetti per ogni scoperta, la Germania, a mo' d'esempio, aveva Humboldt, Gauss, Bessel, Werner, De Buch, Wöhler, Bunsen, G. Muller, J. R. Mayer, Helmholtz, Virchow e molti altri. Ha ancora sostituito questi grandi?
Tralasciando tutto ciò che è utilitarismo e stando ai criteri moderni delle applicazioni, l'Italia modernissima ha due scoperte che tutte le nazioni le invidiano: il telegrafo senza fili e le applicazioni del campo magnetico rotante.
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