Notò che il solfuro di tunsteno può sciogliersi nell'acqua ed essere poi riprecipitato da un acido o dal cloruro di ammonio(375); e a questo proposito scrive: "Questo solfuro è di un color bruno epatico che diventa nero per disseccazione e per triturazione riprende il suo colore primitivo. È solubile nell'acqua, dimodochè la sua quantità diminuisce continuamente coi lavaggi, e le acque di lavatura sono gialle. L'acqua bollente lo scioglie in notevole quantità e si colora in giallo bruno; ma aggiungendo del sale ammonico o un acido a questa soluzione, la maggior parte del solfuro viene precipitata".
Fatti simili egli osservò col solfuro di iridio e con altri solfuri.
Proprietà analoghe egli notò già nel 1820 a proposito delle sue ricerche sulla composizione dell'azzurro di Berlino(376).
Ugualmente può dirsi del vanadio, dei solfuri di osmio, ecc.
Berzelius ha in questi casi notato i fatti con quell'abilità che gli era propria, cioè ha descritto assai bene le sue osservazioni, ma non ne ha tratto delle considerazioni generali come invece alcuni anni dopo fece Francesco Selmi verso il 1847 ed in seguito, per i ferrocianuri, il solfo, gli albuminoidi, ecc., e denominò questo stato instabile in soluzione: pseudosoluzioni; il Selmi descrisse i caratteri generali di queste pseudosoluzioni o false soluzioni(377). Ciò non diminuisce affatto i meriti di Berzelius, il quale colla scoperta di fatti assai curiosi da lui notati contribuì allo studio di questa categoria di fenomeni, che ora va più specialmente sotto il nome di stato colloidale.
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