Ma la fortuna d'Italia preparava ad due sconosciuti una via più sicura. Enrico Sequi, giovane ingegnere preposto alla direzione di alcuni lavori stradali che si compievano in vicinanza di Vaiano, vicino villaggio posto sulla destra del Bisenzio, si incamminava verso il monte cacciando. Pervenne così al Molino di Cerbaia, a quattro chilometri dal paese, ed erano circa le ore 8 di mattina. Pispola col fare ciarliero del campagnuolo semplice e rozzo gli raccontò che un'ora avanti si erano presentati al Molino due forestieri, i quali avevano chiesto di rinfrancarsi, e di proseguire la strada per Pistoia; intanto erano a tavola, e venivano preparati i cavalli secondo il desiderio loro; concluse invitando il Sequi a fare compagnia agli ospiti. Questi, sorpreso dalla novità del caso, corse col pensiero ai tanti patriotti sbandati delle Romagne, che traversavano allora quei monti in cerca di salvezza, e col desiderio di giovare ai supposti fuggiaschi accettò l'invito, ed entrò nella stanza in cui stavano gli sconosciuti. Entrando salutò il Sequi i due che sedevano a mensa improvvisata, e che, restituito il saluto al cacciatore, offersero a lui, ciascuno a loro volta, da bevere. Intanto il Sequi, parlando ora di una cosa ora dell'altra, e specialmente dirigendosi al mugnaio, e proponendogli una cacciata da farsi insieme nella futura settimana, potè bellamente fare intendere agli stranieri l'essere suo. Il mugnaio aveva aderito alla proposta caccia, e si era poi ritirato per accudire alle sue faccende.
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