Restato solo coi due, venne fatto al giovane ingegnere di portarsi la mano ad una delle tasche per estrarre il porta-sigari, e insieme a questo estrasse involontariamente un giornale, che tosto veduto gli fu da uno dei due cortesemente richiesto. Ottenutolo lo scorse questi con una rapida occhiata, fino a che fermatosi ad un punto, atteggiò le labbra ad un sorriso di sdegnosa compiacenza, e fatto cenno al compagno gli accennò sul giornale quello che aveva fermata la sua attenzione. La indicazione non sfuggì agli occhi del Sequi, e cadeva sulla notizia della cattura di Garibaldi operata dagli Austriaci nelle acque di Venezia. Proruppe il compagno in un accesso d'ilarità, dal che fattosi ardito domandò l'ingegnere, se provenissero essi dagli Stati romani, e se avessero potuto dare qualche sicuro ragguaglio degli ultimi fatti di Roma, mentre i giornali non riferivano che notizie contradittorie ed incerte. Rispose il più giovane che tutto era finito, e che i pochi superstiti erravano fuggiaschi per le Legazioni: "E il nostro Garibaldi ove trovasi?" esclamò il Sequi per impulso subitaneo, con accento commosso ed animato.
Nè è da meravigliarsi che la domanda improvvisa uscisse così vivace dalle labbra del bravo ingegnere. Garibaldi stava allora nella mente di tutti i liberali d'Italia. - Non era ancora il Duce della leggendaria spedizione dei Mille - non era ancora il liberatore di Sicilia e di Napoli - ma il popolo italiano aveva già divinato di quanto sarebbe capace quell'uomo singolare - non lo avevano compreso gli uomini di Stato nostri di qualunque parte si fossero, e fu questa causa non ultima delle sciagure nazionali del 1849. - Allora e poi Garibaldi non era per gli uomini di Stato che un abile condottiero di guerriglie.
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