Restò muto un momento, che non fu di esitazione, ma di sorpresa, e tornato alla realtà delle cose, raccomandò ai profughi illustri che non rendessero palese in quella casa l'essere loro. Disse dal mugnaio, sebbene tutt'altro che patriotta, esservi poco a temere, mentre era esso un uomo di cuore, e oltre ogni dire ospitale, ma la casa essere pericolosa come quella nella quale si riducevano spesso a gozzoviglia gli sgherri sguinzagliati alla caccia dei poveri sbandati di Roma, che per quei monti cercavano una via di salvezza. Pure non seppe per il momento quale altro migliore consiglio dare se non quello di differire la già stabilita partenza fino alla sera; egli intanto farebbe del suo meglio per trovare ai profughi una via di scampo. Accettò il Generale la proposta del suo nuovo amico, e lo ringraziò con effusione di quanto farebbe per lui e pel suo compagno ivi presente, che gli disse essere uno dei suoi più fidi, il capitano Leggero(2), avanzo della legione di Montevideo, e che, quantunque sofferente per recenti ferite, non lo aveva mai voluto abbandonare, anche quando sulla costa di Magnavacca lo stesso Generale per il bene di tutti aveva dato l'ordine di sbandarsi. Narrò poi all'amico le loro avventure degli ultimi giorni, le sofferenze mentre senza guida e senza tetto si aggiravano pei monti vicini, poi chiamato il mugnaio gli disse che dopo l'incontro favorevole dell'ingegnere aveva pensato di ritardare la partenza fino alla sera, nella quale sarebbe tornato il Sequi a riprenderlo per dirigerlo a Pistola per vie più comode che non fossero quelle traverso ai monti, come insieme al mugnaio avevano divisato di fare; intanto gli chiedeva ospitalità per quel giorno, al che il buon uomo condiscese di gran cuore, ponendo a disposizione degli ospiti una camera ove potessero riposare.
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