A misura che il Sequi si avvicinava al Molino si ingigantivano nella sua mente i pericoli cui erano stati esposti per tutta la giornata i due profughi tanto accanitamente ricercati dalla sbirraglia della reazione, e non fu senza un'ansia tremenda che si presentò sul limitare della casa. Entrò e vide il coraggioso capitano e il suo compagno seduti a mensa in mezzo alla famiglia del mugnaio, colla tranquillità e sicurezza di persone che non avessero nulla da temere.
Si sollevò a tale vista il cuore del Sequi, balzarono in piedi i due profughi, e ridottisi col bravo ingegnere in una cameretta del Molino, lo abbracciarono come un fratello, mentre esso raccontava le vicende della giornata, le pratiche fatte, e la buona speranza di trarli da quelle strette mercè l'aiuto dei liberali di Vaiano e di Prato. Allora il Generale, chiamato il mugnaio, lo ringraziava dell'ospitalità ricevuta, lo pregava di fare accompagnare la comitiva col suo baroccio, e si disponeva a ricompensare quella buona famiglia recandosi in mano una borsa, dalle cui maglie trasparivano poche monete d'oro, una dello quali estrasse per darla al mugnaio; ma fosse per il fascino che il Generale sapeva destare sopra tutti coloro che lo accostavano, o fosse per l'espansione d'animo acquistata dal buon uomo mercè le copiose libazioni fatte a cena in onore dei suoi commensali, il fatto è che Pispola, per quanto fosse pregato, ricusò di ricevere il denaro, e dopo fatto approntare al figlio Ranieri il barroccio richiesto, salutò gli ospiti alla partenza con ogni maniera d'augurii per il loro felice viaggio.
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