Fece ciò allo scopo di eludere le future ricerche della polizia, che anzi andò fino alla casa dell'ingegnere, ove, come già sapeva, gli fu risposto essere a Firenze, e presa una vettura finse tornare a Vaiano, ma invece con un lungo giro fece capo di nuovo agli amici nella Stazione.
Tornò il Martini ad annunziare che tutto era in ordine per la partenza, e alle due antimeridiane lasciavano la Stazione il Generale e Leggero guidati dal Martini e dal Sequi, e raggiungevano la vettura che li aspettava presso la stanza mortuaria dietro le mura della città, e distante circa 100 metri dalla porta e dalla Stazione. Prima della partenza furono consegnate al Generale due lettere, di cui una dell'ingegnere Sequi per il dottor Pietro Burresi a Poggibonsi, l'altra di Antonio Martini per il suo parente Girolamo ministro al Bagno a Morbo. Nell'una e nell'altra si pregava ad assistere con ogni maniera d'aiuto i due profughi senza però declinare i loro nomi.
Pieni di affetto e di riverenza dall'una, di affetto e riconoscenza dall'altra parte furono gli addii. Prima di separarsi, dai suoi amici di Prato Garibaldi li abbracciò, li baciò con effusione, e disse loro queste testuali parole: "Arrivederci a tempi migliori." Ringraziava e baciava il Leggero con eguale effusione, poi salirono nella vettura che tosto parti.
Ebbe la polizia sentore del fatto dopo qualche giorno, o fece arrestare, prima tutta la famiglia di Pispola, che come inconsapevole fu rilasciata, quindi l'ingegnere Enrico Sequi, sostenuto in carcere per qualche giorno, e liberato per mancanza di prove, tanto seppero i bravi patriotti accoppiare la prudenza all'ardire.
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