Diremo ora della gita di Angiolo Guelfi in Maremma, ma a spiegazione dei timori del Serafini, e del rifiuto del Guelfi a portare seco i due profughi, accenneremo come pochi giorni avanti, mentre attendeva esso nel piano di Scarlino alla direzione della sua azienda, venne a trovarlo Olivo Pina, quello stesso che vedremo poi accompagnare Garibaldi al mare, e gli disse come essendo andato per affari suoi a Massa Marittima, aveva incontrato Giovanni Fabbri e Giuseppe Lapini ambedue autorevoli ed onesti cittadini, ma non malevisi dal restaurato governo lorenese, i quali, come amici di Angiolo Guelfi, cercavano appunto occasione segreta e sicura per fargli sapere che non si presentasse nè a Massa nè a Scarlino, perchè era a loro certa cognizione, avere le autorità locali ordine di procedere in tal caso al di lui arresto. All'annunzio di questa nuova persecuzione aveva il Guelfi domandato fra il serio ed il faceto, dove dovesse dunque andare, poi facendo di necessità virtù, si ritirò nelle vicinanze del Morbo, un poco riparandosi presso gli amici suoi Bruscolini di Castelnuovo, un poco presso l'amico e parente Cammillo Serafini a San Dalmazio, e così si conduceva, incerto sempre del domani, tantochè credè bene stare lontano anche dalla famiglia che teneva allora a Laiatico, per risparmiare il possibile dolore di un suo arresto sotto gli occhi dei suoi cari. Era insomma il Guelfi un perseguitato, che si era assunto di aiutare altri più perseguitati di lui. Nè poteva delegare ad alcuno la missione sua, perchè difficile sarebbe stato il trovare chi al pari di lui avesse autorità e fiducia insieme sui patriotti di Massa, di Scarlino e di Follonica, tutti indispensabili col concorso loro alla buona riuscita dell'impresa.
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