Ora per organizzare il passaggio e il salvamento per la via di mare, era necessario non solo aggirarsi pei due luoghi proibiti, Massa e Scarlino, ma occorreva altresì in quei tempi di sospetti e di arbitrii, avere rapporti coi più caldi repubblicani, che erano a lor volta i più perseguitati e i più sorvegliati. Ecco dunque perchè il Serafini, che bene sapeva lo stato del Guelfi, temeva tanto del buon esito dell'impresa; ecco perchè il Guelfi stesso rifiutò con dolore la richiesta del Generale di averlo a compagno, ecco perchè lo troveremo sempre in luogo diverso dal Generale.
È stato in varii modi e da varii scrittori toccato questo periodo della vita avventurosa del Garibaldi, ma nessuno ha conosciuto e svelato la posizione difficile nella quale dovè preparare, e portare a termine l'impresa un pugno di patriotti, perseguitati essi stessi, e costretti spesso a pensare alla loro salvezza, se volevano avere libero il domani, per spenderlo, non a proprio vantaggio, ma in prò della salute del Generale.
Partì dunque Angiolo Guelfi dal Morbo nelle prime ore del 29, ed arrivò a Massa circa alle 8. Fece subito ricerca dei due fratelli Giulio e Riccardo Lapini, e di Pietro Gaggioli detto Giccamo. Trovò i Lapini, giovani animosi e caldi patriotti, pronti ad assumere la parte loro, di scortare cioè i profughi a traverso il territorio di Massa fino alla Casa Guelfi, ma non potè trovare il Gaggioli, sceso a Follonica per affari suoi. Era intenzione del Guelfi, quando partì dal Morbo, di prendere gli accordi opportuni coi Lapini e col Gaggioli, e ritornare poi subito donde era venuto, sempre per non destare colla sua presenza sospetti nei luoghi pei quali doveva passare Garibaldi.
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