Per tutto il tempo che il Generale si trattenne a San Dalmazio traspariva dai suoi atti una tale sicurezza, come se i pericoli non esistessero intorno a lui. Si alzava alle 6 della mattina, dormiva tranquillamente, mangiava, come al suo solito, parcamente, era calmo, spesso sorridente col suo ospite che procurava con ogni modo di mostrargli il suo rispetto e il suo amore. Prediligeva trattenersi nella terrazza attigua al salotto, e che guarda la vallata deserta. Ivi stava fumando e leggendo per molte ore i libri messi a sua disposizione dal Serafini, e più degli altri la vita di Vittorio Alfieri. Così passava tutto il tempo che non si intratteneva a parlare coll'ospite suo. Il capitano Leggero poi si aggirava continuamente per tutte le stanze della casa, escluse quelle praticate dai domestici del Serafini, quasi fosse insofferente di quella prigionia, e accorreva pronto ad ogni minimo desiderio dal suo Generale. Nei ragionamenti che faceva il Garibaldi col Serafini entravano spesso le speranze sulla liberazione della patria, ed anzi riconoscendo nel suo interlocutore un entusiasta partigiano di libertà, gli lasciò scritti di sua mano i nomi di coloro coi quali poteva intendersi per una futura riscossa, ma per non compromettere l'amico scriveva così:
Nominativi per un tentativo mineralogico.
Il sacerdote Verità Giovanni parroco di Modigliana.
Montanari tenente-colonnello della caduta Guardia Nazionale di Ravenna.
Bonnet N. capitano della G. N. a Comacchio presso Ravenna.
Caldesi Vincenzo ex-Deputato a Roma, di Faenza.
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