- Entrò il sotto-tenente nella stanza dove Garibaldi riceveva ad uno ad uno gli ufficiali superiori, e subito dopo se ne aperse la porta, e ne uscì un colonnello, l'ufficiale di Stato Maggiore con cui aveva parlato il Guelfi, e lo stesso Generale. - E giacchè siamo entrati in così minute particolarità, vogliamo dire qualcosa del vestiario di questo uomo, nella cui anticamera stavano ufficiali così superbi pei loro colletti dorati, pei loro bottoni lucenti. - Aveva i calzoni da generale(15) piemontese con striscia dorata, il berretto ugualmente da generale, una giacca cittadina di lana sottile, e non altro. - Licenziò il colonnello, poi precedendo sempre di qualche passo il suo ufficiale, si avanzò sorridente traversando l'ampia sala, e non curando i saluti compassati dei presenti, diceva: "Dov'è, dov'è?" - E sull'indicazione dell'ufficiale che lo seguiva, si diresse fino al vano della finestra ove si era ritirato il giovane Guelfi, lontano le mille miglia dal pensare che tutto questo movimento si facesse per lui, cosicchè si trovò preso per la mano dal Generale che lo guardava con fare paterno, e lo condusse nella sua stanza, ove chiusa da sè stesso la porta, lo fece assidere al suo fianco, e rimproverandolo dolcemente del perchè non era venuto a vedere un vecchio amico di suo padre, gli disse più volte: "Io gli devo la vita al tuo babbo, e mi rammenterò sempre di quanto ha fatto per me." E con mille modi familiari lo licenziò dopo avergli domandato notizie del padre e contezze dell'essere suo, e dopo avergli detto sorridendo: "Voi giovani avete spesso bisogno di denaro; rammentati che hai qua un amico.
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