Intesero bene quei buoni lavoratori che vi erano nella casa proscritti politici, ma non li videro nè seppero i nomi loro, e quanto al ricovero che ivi trovavano i perseguitati, era per essi cosa abituale, alla quale erano stati ormai assuefatti dal proprietario, a cui erano legati per verace affezione. I quattro Scarlinesi facevano intanto vigile guardia, e uno di essi stava constantemente nel piazzale ove si apre l'unica porta d'ingresso della casa. Alle ore 4, dopo un'ora e mezzo di riposo, Olivo Pina andò a battere alla porta della camera in cui era il Generale, ed avvertì che si ponessero in ordine per la partenza. Fu subito pronto il Generale, ma inavvertito, dopo Olivo Pina, si presentò sull'uscio di camera un giovane ungherese disertato dall'esercito austriaco sotto le mura di Livorno. Aveva anch'esso trovato ricetto ospitale da più mesi in quelle lande maremmane, e si era per tutto quel tempo ricoverato alla casa Guelfi, e alla Fonte al Bugno, vicino podere diretto allora da Olivo Pina. Non si sa come, ma certamente doveva avere avuta notizia della presenza di Garibaldi, poichè affannandosi in segni di rispetto, parlava animato al Generale in lingua ungherese, e sulle sue labbra veniva spesso il nome venerato di Kossuth. Lo stava ascoltando Garibaldi, quantunque non lo intendesse, e domandò a Giulio Lapini ed Olivo Pina chi fosse quel giovane, e cosa volesse. Gli fu spiegata in poche parole la causa per cui l'ungherese si trovava in quei luoghi, e Garibaldi sempre compassionevole per tutti, mostrò desiderio di condurre seco il disertore, ma si opposero il Lapini e il Pina dicendogli avere essi preso impegno cogli amici di provvedere alla salvezza della sua vita preziosa, e non potere mai permettere di farla esporre a maggiori pericoli per l'ungherese, al quale si sarebbe pensato a tempo migliore; e siccome il Generale mostrava di non cedere a quelle ragioni, fecero allora intendere il rifiuto del capitano Azzarrini di portare un individuo più del convenuto sulla sua fragile barca, e a questo argomento cedè, sebbene a malincuore, Garibaldi.
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