Ed invero, riavutosi dallo stupore del non aspettato abbandono del Principe, egli non risparmiò nè fatiche nè vigilie, nè schivò pericoli, per salvare il Paese dalla guerra civile e dall'anarchia, nelle quali cotesto avvenimento fu per gettarlo.
Venne restaurato l'antico Governo, e la Commissione Municipale sembrò che per un momento riconoscesse i benefizii da lui resi al Paese e allo stesso Governo ch'essa restaurava: se non che, fatto di poco più stabile l'antico ordine politico, i benefizii andarono dimenticati, anzi furono compensati con un Carcere di Stato, e poi con una accusa di Perduellione!
Alla voce della coscienza pubblica fu anteposta la querela di certo officiale di polizia, oscuro e peggio (ora processato per falsità, e dichiarato di perdutissima fama(1)), il quale divenne l'attivo agente nella compilazione di un Processo giunto ormai alla mostruosa mole di dieci grosse filze e varie migliaia di pagine.
Così l'Uomo di chiara fama letteraria, e del quale Italia, non che Toscana, si onora; l'Uomo che con esporre vita e salute riuscì a salvare il suo Paese, era costretto a difendersi ed a lottare nella fangosa arena dei Processi Criminali; conflitto diseguale, sostenuto per una parte dall'Accusato chiuso in strettissimo carcere con la smarrita o confusa memoria dei molti fatti che in mezzo al trambusto popolare erano avvenuti nell'Amministrazione Governativa, costretto a rendere conto dei mezzi esaminati singolarmente, senza che gli venisse apprezzato il fine raggiunto; dall'altra, dal tristo Accusatore libero, e forte di mille braccia che facevano a gara per sovvenirlo.
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