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      Per la rivoluzione di Francia si diffuse la idea della Repubblica, e parecchi fra noi presero a coltivarla, non perchè ve ne fosse bisogno, ma per fare qualche cosa; e poi corre sciaguratamente nelle contrade nostre antico il vezzo di ricavare dalla Francia pensieri e voglie, e begli e fatti i vestiti. Le moltitudini rimasero un cotal poco spruzzate di comunismo e di socialismo, di cui però non conobbero le dottrine, e giova che le ignorino. Imprudenti, a mio parere, suonarono le parole del Lamartine nel suo Manifesto alla Europa, affermando essere la Repubblica il punto estremo dove giunge la civiltà di un Popolo per mezzo di reggimenti costituzionali, imperciocchè somministrassero a molti motivo di non posare, finchè non avessero toccato il vertice, e nei Principi mettessero sospetto di confidarsi intieri sopra una via sdrucciolevole; nè lo avere raccomandato, com'egli fece, ai Popoli i quali non fossero peranche giunti alla maturità dei Francesi, rimanessero indietro ad ammaestrarsi, assicurava punto, avvegnadio facesse comprendere ai Principi, che potevano sperare tregua, pace non mai. E come imprudenti, se male non mi appongo, furono coteste parole non vere, però che nella Inghilterra le libertà costituzionali durino dal 19 giugno 1214 in poi, nè mostrino per ora di volere cessare, e la Repubblica v'ebbe vita brevissima dal 1649 al 1660; per la quale cosa evidentemente apparisce, come nella formula costituzionale i destini dei popoli possano quietarsi, almeno per tempo lunghissimo(7). Nè danno minore, io penso, ci ridondò dal proclamare che fece il Lamartine, non avrebbe sofferto in pace la Francia, che alcuna Potenza si fosse mossa contro i Popoli rivendicantisi in libertà; imperciocchè questa sicurezza rese baldanzose a insorgere nazioni, le quali forse diversamente ci avrebbero pensato due volte.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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