E qui giovi notare, di scancio, contro alla benevola insinuazione gittata lā dal Decreto in mezzo a parentesi (Guerrazzi creduto autore principale dei moti livornesi), che se io fossi stato tale, non lo avrebbe ignorato il Torres; e alla mia invereconda provocazione non avrebbe egli risposto col verso di Clitennestra:
Chi mi vi ha spinto or mi rimorde il fallo?
Livorno ridussi in potere del Principe, quantunque, come attestava il Presidente Capponi, stesse in procinto di eleggere il governo provvisorio(33). A moderare il passo continuo di gente nemica naturalmente di pace, il chiarissimo Mariano D'Ayala ed io osammo proporre al Principe il Decreto del 27 novembre 1848, dove si ordinava, che tutti quelli i quali presentandosi alle frontiere non si arruolassero soldati fossero respinti. Preposto a scrivere il Rapporto del Decreto, adoperai parole audaci(34), che m'inimicarono coteste turbe, dove a poco bene s'incontrava mescolato parecchio male: perō che i Popoli creduli reputassero profeti tutti quelli che paltoneggiando pel mondo si facevano le spese a nome della patria; e guai a colui che avesse ardito con parole o con fatti torcere pure un capello di quelle teste reputate sante. E solo osai ancora di pių: gl'ingenerosi insulti (tollerati dai precedenti Ministri) contro i nemici repressi; tanto ebbi a schifo qualunque cosa, che magnanima veramente non fosse, tanto studiai di sollevare il cuore del Popolo ad alti concetti. Le parole che io dissi sul terminare del 1848, quando gli Austriaci erano lontani, posso ripetere adesso che sono in casa: "Non cosė (scriveva al Prefetto di Firenze), non cosė si educa un Popolo, nč se ne ritempra il carattere.
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