- O Patria mia!
Fra le quotidiane calunnie, la Vespa diffuse quella, che io avessi ordinato il Palazzo del Marchese Ridolfi si manomettesse, e, fedele poi al mio programma, gli avessi fatto pagare il guasto!!
Per chiunque intende gentilezza che sia, il mio ufficio m'imponeva tutelare tutti, particolarmente poi il signor Cosimo Ridolfi, che mi era proceduto infesto senza ragione. Si rimproverava un fatto falso, e mi pareva che costituisse vera calunnia. Chiamai il Magistrato, e gli dissi adoperasse per noi la difesa che avrebbe usata a favore di ogni altro cittadino: nella repressione dei delitti rammentasse che il Governo non proteggeva la Magistratura, ma all'opposto la Magistratura il Governo. Esaminasse, e vedesse quello che in sua coscienza era da farsi(44). Il Magistrato esaminò e referì: non correre tempi propizii per questa sorta accuse; la difesa avrebbe saputo togliere di mezzo ogni ombra d'imputabilità: non persuadergli la coscienza d'instituire processo. Davanti alla coscienza del Magistrato tacqui: però con profondo sconforto notai, che il tempo governava cose che non avrebbero dovuto governare ragioni di tempo. A Lucca parimente non omisi provocare l'azione dei Magistrati contro i delitti della stampa, ma il Prefetto avvisava: "Il Pubblico Ministero non crede incriminabili gli articoli della Riforma, e così l'Autorità Governativa non può agire contro essa!" - Heu Hector quantum mutatus ab illo! A reprimere le sfrenatezze della stampa, occorrevano due mezzi legali, e vennero praticati: i Tribunali; e assolverono, trovando i tempi poco favorevoli a simili accuse: il richiamo dei Direttori dei Giornali; e dissero avere vinta la mano dagli scrittori.
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