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      L'Accusa, intorno ai fatti riportati fin qui, mi dichiara complice, o impotente per vizio di origine; riguardo ad altri fatti che mi riusciva impedire, l'Accusa ne trae argomento a ragionare nella seguente maniera: poichè l'Accusato potè impedire molte intemperanze, segno è certo che alle altre che accaddero egli non volle. Così non salva tenere nè lasciare; così perde ugualmente fermarmi e fuggire. Se non riesco resistere, sono complice; se riesco, sono reo per non essere riuscito di più. Un cammello può portare il carico di mille libbre; ma perchè non ne portava due mila, sia condannato a morte. Tale è la legge dell'Accusa: - fiera legge invero!
      Ma la Storia non giudica così, e tale registra splendido elogio del Lafayette, a cui pure non venne fatto riparare tutto quello ch'ei volle: "Lafayette adoravano le milizie, quantunque il vincolo della vittoria non le legasse a lui; pacato uomo egli era, e ricco di partiti in mezzo ai furori popolari; - però, malgrado la sua operosa vigilanza, non sempre giunse a capo di vincere i tumulti delle moltitudini, imperciocchè, per quanto sia spedita la forza, non può trovarsi presente da per tutto contro un Popolo da per tutto sollevato: - spesso lottava contro le fazioni senza fiducia, ma con la costanza del cittadino, il quale non deve disertare mai la cosa pubblica, quando anche disperi di poterla salvare(48)!"
      Una frase scoperta dal Decreto del 10 giugno 1850 viene accolta con amore e accarezzata dal Decreto del 7 gennaio 1851: il Ministero fu complice, o impotente.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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