Al Governo si paravano davanti due strade: la prima consisteva nel negare le armi risolutamente, dicendo: "Le armi si domandano e si danno per due motivi, per la difesa interna od esterna dello Stato. In quanto allo interno non ci minaccia alcuno; moti contrarii alle Riforme non sono a temersi; coazioni al Governo, oltrechè non si sopporterebbero, non sarebbero giuste, come quello che volentieri è disposto di compiacere ai diritti desiderii dei Popoli. In quanto alla difesa esterna, non ci potrebbe offendere che Austria; ma avendo essa dichiarato astenersi da prendere parte nelle faccenda altrui, possiamo starcene in pace: dove poi s'intendesse dichiararle la guerra, il Governo al tutto si opporrebbe per questi motivi: - sono i soldati nostri pochi, non bene addestrati negli esercizii militari, della disciplina impazienti; i Popoli miti, repugnanti dalla guerra; e mentre di lieve momento sarebbe il soccorso nostro, troppo grande avventureremmo la posta nel giuoco periglioso, conciossiachè vincendo guadagneremmo nulla o poco, restando vinti perderemmo del tutto indipendenza e libertà." - Io però confesso di leggieri che in tanta esaltazione di animi, cotesto partito sarebbe stato a praticarsi impossibile. Ma il Governo, procedendo nell'opposto concetto della guerra, a liberarsi da ogni improntitudine poteva dire: "Volete guerra, e guerra sia; e Dio protegga la causa migliore. Però voi tutti, che chiedete armi, nè soldati siete, nè volete diventarlo; ora, le armi sono sempre arnesi di costo grande, oggi poi pel bisogno preziose, per l'uso sante; noi sì le daremo, ma a chiunque voglia adoperarle davvero in benefizio della patria, non già a pompa vana, o ad altro uso più reo.
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