Come io macchinassi cacciare il Principe di Toscana? - Costretto dal rimorso, allegherò per ora alcuni brevi Documenti che daranno, senz'altra ricerca, vinta la causa all'Accusa.
Desideroso di ravvivare con la presenza lo affetto, che pur conosceva portare il Popolo livornese al suo Principe, con queste espressioni io consultava il Consigliere Isolani: "La città è tranquilla così, che si possa presentare a S. A. come una famiglia concorde ed unita ad un padre?" - (Dispaccio telegrafico, 1 novembre 1848.) - E fu risposto: Sì.
Promuovendo Carlo Massei amico mio, e non della ventura, in modo confidenziale nel 9 novembre io gli scriveva:
A. C.
Sei Prefetto di Grosseto. Vieni per istruzioni; mando costà Buoninsegni egregio amico mio, e persona degnissima. Gli saranno Consiglieri Corsini e Raff. Dal Poggetto. Non jattanze, non millanterie: assumete dignità pari alla imponenza dei casi, e al concetto che ho dei Democratici lucchesi. Non inasprite gli emuli, fate loro desiderare di tornarvi amici. Fate festa. Consolate il Principe che vive sempre alquanto abbattuto."
E tuttavia nel desiderio di procacciare amore al Sovrano, che mi aveva assunto ai suoi consigli, mandava al Governatore di Livorno, con Dispaccio telegrafico del 19 novembre 1848: "Adoperati a mantenere la quiete; o se volete esultare, fatelo per la generosa amnistia concessa dal Principe."
Allo scopo di rendere vane le voci, che si spargevano ad arte di prorogata apertura del Parlamento toscano, a motivo di dissidii intervenuti fra il Principe e il Ministero, nel Monitore dell'8 gennaio 1849 così annunziava: "Possiamo assicurare, che tra Principe e Ministero è pieno lo accordo; che fermo sta il giorno per l'apertura del Parlamento toscano, e che se apparenza alcuna d'incertezza vi è stata per alcun ritardo, notato nelle disposizioni necessarie innanzi a questa patria solennità, non nel dissenso del Principe, ma nella lontananza del medesimo dalla Capitale, se ne deve trovar la cagione.
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