Nel decembre del 1847, scrivendo certe mie Memorie, m'indirizzava a Giuseppe Mazzini con queste parole: "Molta terra e molto mare ci dividono adesso: corrono anni ben lunghi che noi non ci mandiamo neppure un saluto: le opinioni diverse ci separarono. Tu inebriato di amore, e confidando troppo nella umana natura, nella casta ed ardente fantasia immaginavi non possibili destini ai tuoi fratelli, e li volevi ad un tratto felici e vendicati dal servaggio che č offesa a Dio ed onta alla dignitą dell'uomo. Io, pił provato alla dolorosa esperienza, quel tuo soverchio volere non consentiva; e pretendere fuori di misura, mi pareva tornasse il medesimo che non profittar nulla. Ed in questo ancora differivamo, che il bene divisavi imporre ai popoli repugnanti e ignoranti; io poi, forse di soverchio studioso dell'altrui libera volontą, ricusava costringerla anche a quello che per avventura era ottimo(152)." E favellando, a pagine 25, delle varie tirannidi che contristano la terra, dichiarava: "Ho provato nella vita occorrere di molte generazioni di tirannidi; nč sempre cingono corona di oro, ma bene spesso berretto frigio; nč sempre muovono dai potenti, ma bene spesso dalla miseria importuna, dalla querula presunzione e dalla cieca ignoranza."
Cosģ nei tempi in cui potevasi non solo impunemente confessare, ma anzi tōrre argomento di popolaritą dalla confessione di avere promosso o partecipato a sčtte politiche, io volli manifestare come avessi mai sempre rifuggito da quelle, e ne dissi il perchč; chiarii dividermi da Mazzini antica e profonda diversitą di opinione; lamentai la sua corrispondenza da moltissimi anni interrotta; la tirannide del berretto rosso stimatizzai.
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