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      Questa Rappresentanza, come al prelodato Marchese, sembrava anco a me capace di salvare il Ministero dal popolare commovimento, ponendosi fra Governo e Popolo: essa raccoglierebbe le speculazioni degli scrittori politici, e dopo averle ponderate le presenterebbe al Governo; riterrebbe il Popolo da seguitare dottrine diverse, e varii capi, potendo riposare nei suoi Deputati; e finalmente, tra gli eccellentissimi, ottimo il vantaggio che partorirebbe questa istituzione: "guarentendo stabilmente il Popolo dagli abusi del potere; non si potendo godere il bene della giustizia, se assicurata non sia per lo avvenire: e come gli uomini, per buoni che sieno, mutabili e mortali sono, così la continuata e salda guarentigia della opera governativa non può venire dalle persone, ma deve essenzialmente risiedere nelle instituzioni dello Stato(158)."
      Parole poi piene di reverenza adoperavo verso il Principe, e di preghiera(159), e finalmente concludevo col dire, che: "principio unico e fondamento vero di riforma, consisteva nella rappresentanza popolare cooperatrice alla formazione della legge(160)."
      Ho detto come, chiuso in carcere a Portoferraio, io stendessi una scrittura, che lasciai inedita; perquisita dall'Accusa, si legge adesso, con mio rammarico (però che dei fatti del gennaio 1848 avrei voluto non rimanesse memoria, per onore di quelli che vi parteciparono), nel Volume dei Documenti a pag. 60. Quivi nella parte finale, indirizzandomi al Popolo, lo ammonisco: "Terminerò col darti uno avvertimento, non inopportuno ai tempi che corrono.


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Apologia della vita politica
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Editore Firenze
1851 pagine 1183

   





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