Catone fu d'onore a sè; ma di che pro alla Repubblica? La sua virtù pareva ostentazione, e fu alle volte derisa; però infruttuosa: non doveva piegare i costumi, bensì lo ingegno, alla condizione de' tempi; e se non fosse temerità giudicare di tanto uomo, direi ch'egli era più filosofo che cittadino romano; perchè s'ei non avesse inteso a procurare alla Patria il bene assoluto, avrebbe per avventura, col valersi dello stato d'allora, potuto procurarle quel più di bene che si poteva(163).
Che se il sig. Rusconi e gli amici suoi mi vorranno essere benigni di proseguire nella lettura del libro, che cotesto austero intelletto scriveva proprio per noi, troveranno, spero, argomento di spiegare la mia mente, senza attribuirmi le brutte intenzioni che lo infelicissimo non dirò amore, bensì furore di parte, gli mette in pensiero.
Ma io adorando la sapienza e la onnipotenza di Dio, e senza arrogarmi di giudicarla, o di bilanciare il meglio ed il peggio di quanto poteva fare o non fare, nè interpretare i suoi fini, mi rassegno ai fatti, benchè discordino dai miei desiderii, e m'ingegno di osservare le prove perpetue, che le cose e gli uomini, come stanno, mi somministrano; e con l'unico lume della esperienza, dirigo fra tante tenebre le mie opinioni a quel poco che io posso in utilità della Patria(164).
E che io poi non meriti anatema, per essermi mostrato difensore e custode del Principato Costituzionale, avverso a scapigliata, debole, e non possibile Repubblica, mi giovi per ultimo citare un'altra volta Ugo Foscolo, che la Italia nostra con le armi difese, con gli scritti onorò, e che morì esule mandando l'ultimo sospiro, lo estremo suo desiderio a lei, e per lei.
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