Di questo triplicato invito nè so, nè ricordo, nè mi venne contestato. - So, e ricordo, che alcuni Deputati mi confortavano uscire di sala pubblica, e condurmi a quella delle Conferenze. - Nel Decreto del 10 giugno 1850, il signor Montanelli, che andò a pregare i Deputati onde tornassero nella pubblica sala, è incolpato di averli esposti alla violenza del Popolo; e me, che non volli andare, accusano del medesimo disegno. Sicchè, sia che si andasse, sia che si stesse fermi, al cospetto dell'Accusa, che mi scuoia e mi squatra, non ci è via di salvazione.
Se io pongo mente al tempo e alla cagione delle parole, ricordo che quei tali onorevoli colleghi mi animassero a procurare il ritorno dei Deputati partiti, e che io rispondessi: "È andato Montanelli; basta." Riprova di questa verità occorre nel considerare, che i colleghi conferenti meco, trascurato lo esempio altrui, restavano fermi nella sala, nè facevano sembiante di volersene andare, la quale cosa dimostra come la Seduta fosse incominciata, e come di conferenze segrete non fosse più a parlare.
L'Accusa non sembra che fra i suoi studii si dilettasse molto di quello dello Statuto; o se le piacque un tempo, poco se lo rammenta adesso; imperciocchè, se fosse altramente, saprebbe che l'Articolo 44 dello Statuto dichiara: "Le adunanze delle Assemblee avere ad essere pubbliche; soltanto su la domanda di cinque Membri potersi il Consiglio costituire in adunanza segreta." - Il verbale dell'Assemblea non dice che questo rito fosse praticato, e veramente nol fu; e nemmeno dice il verbale che i Ministri ricevessero lo invito di cui parla l'Articolo 61 dello Statuto medesimo.
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