- Chi dunque ha impedito che nel giorno ottavo di febbraio la rivoluzione allagasse tutte le terre della Toscana nella pienezza del suo trionfo?
O Giudici, con quella mano stessa con la quale ora vi basta l'animo scrivere accuse contro la mia costanza, quali non avreste vergato improperii al mio nome, se per viltà fuggendo vi avessi lasciato in balía alle furie rivoluzionarie? O Giudici, ditemi, la mano con la quale tracciate le accuse disoneste, non è quella dessa che scrisse per me uno dei trentamila e più voti, co' quali il Compartimento Fiorentino volle onorare i miei travagli sofferti in pro del pubblico ordine? Ah! voi sfondate gli ombrelli adesso ch'è passata la pioggia? Come padri di famiglia, io vi tenea più provvidi.
Stupendo a dirsi, quanto a considerarsi angoscioso! Giustizia mi viene donde io non l'aspettava. Nel Giornale intitolato La Civiltà Cattolica, fascicolo 27, a pag. 366 leggo: "Dal 12 aprile 1849, che il Guerrazzi venne arrestato nel Palazzo Vecchio, e chiuso poi nel Forte di Belvedere, ha passato i suoi giorni prima nella Casa di Forza di Volterra; quindi nel Carcere penitenziario delle Murate di Firenze, ed ivi tuttora si trova.
Grande sarà la curiosità pubblica di questi dibattimenti. È forza però convenire, che a lui ed alla sua stessa ambizione," (se ambizione di far del bene, forse non crederò mi disconvenga la parola), "non che alla penetrazione dello ingegno, dovè la Toscana non essere caduta allo estremo dei disordini e delle rovine demagogiche. Ed egli ben lo sa; anzi è fama avere detto, nell'atto che fu preso: - Se i Fiorentini avessero due dita di cervello, e mezza oncia di gratitudine, mi dovrebbero alzare una statua.
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