E questo era intoppo duro davvero. Se non che, ripreso animo, io rispondeva: di grazia, ascoltatemi; voi altri sapete come il Cormenin, favellando del Lamartine, abbia detto che un castaldo avvezzo alle faccende di villa mostrerebbe facilmente a prova, anche in quelle della politica, più giudizio del Lamartine; ed io del Lamartine, del Cormenin, e degli altri uomini di Stato francesi non ripeterò, chè non sarebbe giusto, quello che già scrisse il Machiavelli di loro, cioè, che i mali orditi del cervello sanno rinforzare con le mani; e nè anche quello che ei disse al Cardinale di Ambosa: "di Stato, voi altri Francesi, non intendete niente;" ma è certo, che tutti quelli i quali in Francia fanno professione di politica, non intendono troppo. Però posto questo da parte, e stringendoci a ragionare del Lamartine, vi pare egli discorso cotesto suo di mettere in cimento la Repubblica, come si farebbe, a modo di esempio, nelle scuole, di un calcolo, o di una dimostrazione geometrica? A questo ufficio bastano una lavagna e un pezzo di pietra da sarto; e se il calcolo non riesce, si strofina col ruotolo della cimosa, e da capo. Volendo sperimentare la Repubblica, se ti attieni al metterne fuori unicamente il nome, converti il Governo in bersaglio, onde tutti i Partiti contrarii gli tirino addosso di punto in bianco; ma al nome solo non puoi attenerti, nè devi; quindi per durare anche una settimana ti trovi condotto a imprimere nel Governo e nel Popolo un moto corrispondente al fine proposto, accomodarvi i provvedimenti e le leggi, scansare gli uomini disadatti o contrarii, altri sostituirne amorevoli e acconci, distruggere antichi interessi, altri crearne,... e tutto questo per prova?
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