Almeno così parrebbe che da costei si potesse sperare. Scrivendo pertanto il sig. Cav. Segretario Allegretti al sig. Biavati di Lucca lettera confidenziale sul principiare del marzo 1849 così si esprimeva: "essere io stanco di cotesto stato di cose, avere minacciato andarmene, e laddove questo avvenisse, grandi guai sarebbero caduti addosso alla Toscana." Io poi non dubito nella onestà del signore Segretario Allegretti, che egli non sia per commentare largamente a voce quanto scrisse, e credo che come compiacenza all'animo, gliene verrà lode dai suoi Superiori, cui certo non può piacere la selvaggia e veramente smodata persecuzione dell'Accusa.
Nella lettera scritta al signor Prefetto di Arezzo si avverta, all'opposto, che non vi si parla di decadenza del Principe, nè di Repubblica; anzi, non vi si adopera espressione offensiva alla Corona; le quali cose stanno a dimostrare che io la dettai quando mi trovava abbastanza libero di me, nè mi si teneva accalcata e furiosa dintorno la fazione a impormi frase e concetto di quanto, prepotentissima, ella ordinava di poi. Che se fa amarezza la frase: "i Principi se ne vanno, il Popolo resta," hassi a riflettere in prima, ch'ella suona piuttosto cruccio o dolore, che esultanza per la partita del Granduca; e poi, che essendo quel Dispaccio dettato, lo scrivente poteva avervi messo coteste parole che furono dette in quella notte, e ripetute il giorno successivo nel Parlamento; e in quanto a leggere prima di firmare, davvero, mancava il tempo e la voglia.
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